di Angela Potente –
E ti hanno portato a barattare i tuoi eroi con dei fantasmi? Ceneri roventi per degli alberi? Aria bollente con una fresca brezza? Una magra consolazione per il cambiamento?
Pink Floyd – Wish you were here
E così eccoli lì: pronti ai nastri di partenza tutti allineati e combattivi. Con nuove idee e nuovi nomi (sic!). Eccoli lì: i candidati alle prossime regionali. Questa volta nessuna promessa: la Calabria qui si fa.
Nessun ritorno al passato ma solo sguardi dritti al futuro. Verso una nuova era.
Nuova linfa per rinnovare questo tessuto necrotico. Una nuova Calabria risorgerà dalle ceneri come una Fenice. Niente più ci legherà al passato, assolutamente.
Volti nuovi, giovani, freschi.
Questa terra che fino ad ora è stata ostaggio di politici vecchio stampo, maneggioni, che del sotterfugio e del proprio interesse hanno fatto una virtù, adesso respirerà nuovo ossigeno.
Potrei continuare eh. Perché in questi giorni è uno stillicidio continuo di frasi del genere.
E dato che ormai la nuova frontiera della comunicazione sono i social network (i politici scrivono più tweet e status su facebook che leggi in Parlamento) non c’è piccolo o grande candidato che non abbia la sua bella paginetta dalla quale diffondere il proprio insindacabile verbo.
Una pioggia, no pioggia è dire poco, un diluvio di fotine condivise con il solito sorriso standard e lo sguardo che vuole dirti: “ehi, io sono diverso dagli altri”. Peccato che evidentemente abbiano tutti lo stesso fotografo che dà a tutti lo stesso consiglio, così che quello sguardo a metà tra un Clint Eastwood dei bei tempi e un Cucciolo della Disney sia praticamente accessorio di ogni candidato per cui ne vedi uno e li vedi tutti. Tranne quelli che per amore di autenticità e per stare al passo con la moda si fanno i selfie con alle spalle lo slogan del proprio partito. Tenerelli loro.
Tornando al diluvio: parole, parole, opere e “ammissioni” stanno diffondendosi come un blob, ti cadono addosso all’improvviso, mentre non te lo aspetti, quando hai la guardia abbassata perché cercando di distrarti stai beatamente guardando un video con dei gatti che dormono per esempio. Così stai lì davanti allo schermo a gustarti il gatto ed improvvisamente ti appaiono in ordine: un video dell’ultimo comizio, una lettera agli elettori, una faccia di cui sopra con tanto di slogan, una notifica che ti annunzia l’inclusione nel gruppo Tal dei tali e/o ti invita a mettere like a profusione su questa o quella pagina nuova di zecca. E poi… le richieste di amicizia. Che in questi periodi si moltiplicano, si decuplicano, gente che non hai mai visto e sentito che ti scrive: “Ciao, leggo spesso quello che scrivi, sono sempre d’accordo con te. Diventiamo amici”. Tu guardi la foto del profilo e pensi: “okay vediamo il pirla con chi si candida stavolta”. E, of course, rifiuti la richiesta.
In verità non si ha come difendersi. Io ho provato di tutto sapete, ho cambiato impostazioni della privacy, ho tolto dalla mia home determinate notizie, ho ristretto le richieste di amicizia, ma al candidato non si sfugge. Lo slogan e il sorriso ti stanano. Implacabilmente. Ovunque e comunque tu riesca a nasconderti.
E allora ho deciso di mettere in moto le dita e di scrivere un messaggio che spero arrivi chiaro e distinto come piacerebbe a Cartesio.
Io non vi credo. (A pensarci bene questo potrebbe essere lo slogan degli elettori affranti e tampinati).
Non credo alle vostre parole, sempre uguali e sempre quelle, non credo alle vostre azioni, non credo alle vostre intenzioni. Ma non perché vi giudichi o ritenga in mala fede. Semplicemente perché a differenza di molti io nell’equazione politica e buona politica includo il fattore umano. Ne parlavo qualche giorno con un amico venezuelano, un colto e sapiente che il mondo lo ha visto davvero, e ci siamo trovati concordi su questo: in ogni ideologia, anche la più pura, è sempre il fattore umano che funziona come una mina pronta a far saltare in aria qualunque buona e santa intenzione.
Perché quando poi vi troverete seduti in quelle comode poltrone, il primo pensiero non sarà: “adesso aggiusto questo paese del cappero” ma so che invece proverete quella intima soddisfazione di essere arrivati. È naturale. È umano. Non vi biasimo di certo per questo. E nemmeno metto in dubbio che ci proverete a cambiarla questa terra. Almeno i più puri di voi, ma vi arenerete presto. Come si sono arenati i più puri che vi hanno preceduto.
Perciò non vi credo, e non vi crederò finche non vedrò il merito premiato, finché non leggerò davvero cognomi nuovi e non dei soliti “figli di” come se la politica fosse necessariamente un dono ereditario.
Non vi crederò finché non vedrò con i miei occhi le ingiustizie cessare, finché non saprò che la cultura sarà appannaggio di tutti e non solo di un manipolo che ne decide forme e condizioni, che fa della cultura un vanto, una bandiera, e alla fine si rivela essere solo un sepolcro imbiancato.
Non vi crederò fin quando essere ammalati vorrà dire soffrire il doppio perché gli ospedali sono trincee e le cure costose. Non vi crederò finché il lavoro non tornerà ad essere un diritto e non un privilegio, e finché per questo ci saranno persone ostaggio del voto che vi dovranno dare.
E non vi crederò finché non smetterete di sorridere perché non c’è niente di cui sorridere.
Ecco. Ora spero che finirà il diluvio di proclami. Almeno per me.
E a voi che avete avuto il buon cuore di leggere queste mie righe un consiglio: se anche dovessero ripresentarsi sotto altre spoglie e non dovessero sorridere guardateli negli occhi: lo sguardo alla Clint travestito da Cucciolo li maschererà sempre.