di Chiara Ursino —
Carissimi lettori è da tempo che non mi trovo tra le pagine di questo giornale per diverse problematiche e per mancanza di tempo perché assorbito da altro. A breve mi dovrò laureare. Riprendo solo adesso e lo voglio fare in un modo davvero speciale. Vorrei condividere con voi questa testimonianza-racconto di una mamma che io definisco mamma coraggio poiché nonostante la sua vita si è fermata per qualchè istante ha ripreso a vivere con la consapevolezza di essere responsabile di due vite: la sua e quella della figlia disabile. E’ una mamma speciale perché la figlia l’ha resa tale. L’accompagna giornalmente in un mondo che richiede la capacità di nuotarci dentro e ti regala la voglia di rimanerci ritenedoti fortunata perché esso ti riporta all’essenziale che è il cuore. Mamma Fabrizia ci sta bene ed è felice di avere avuto il permesso di entrarci.
Quando nasce una figlia disabile, il mondo si ferma ed anche il tuo cuore, ti sembra un brutto sogno e ti sforzi per svegliarti accorgendoti che sei sveglia da tempo. Volevo morire insieme a mia figlia che era sempre ad un passo dalla morte. Quando l’ho vista una settimana dopo la sua nascita, perché io ospedalizzata a Cascia e lei trasferita a Perugia, il mio cuore si è fermato davvero, per poi riprendere come un cavallo impazzito, che avrebbe dovuto intraprendere una corsa ad ostacoli senza un apparente traguardo. Mi sembrava di impazzire, la prospettiva che stava prendendo forma era quella di una lunga ospedalizzazione in un ospedale lontano da casa.
Da quella casa, che teneva in serbo una cameretta pronta per accogliere la mia Rosa e tenerla al sicuro dal mondo. Da quel mondo che non ha più assolutamente niente di bello né di utile, non si riesce più a godere di nulla, c’è soltanto un vuoto incolmabile nel cuore, che volevo assolutamente riempire di Dio, affinchè mi potesse far capire il perché di tutto ciò. In quel momento mi sembrava si fosse assentato dalla mia vita e non volesse più saperne di me.
Un bisogno fisiologico in quel momento era poter parlare, urlare e piangere con un sacerdote, ma soprattutto con quel sacerdote che mi aveva vista crescere, sembrava impossibile i troppi impegni in parrocchia non lasciavano tempo per questo difficile e doloroso ruolo, non nascondo che questa cosa alimentò la mia rabbia fino al punto di pensare, per poco fortunatamente, che Dio era un invenzione e nient’altro. Questo pensiero però non poteva albergare nel mio cuore perché la mia fame di Dio aumentava di giorno in giorno e quello che mi faceva più rabbia era il fatto di non sentirlo più nel mio cuore, come se LUI volesse temprarmi, lasciandomi libera di decidere con chi volessi stare.
Mi sentivo ad un bivio, ho avuto modo di approcciarmi con altre religioni, senza beneficiare di nulla, anzi mi sentivo estranea a tutto ciò. Volevo solo Gesù nel mio cuore, quel GESU che ha dato la sua vita anche per me riscattandomi dalla sofferenza e da quel buio che tale sofferenza provoca e volevo anche che mi facesse sentire il suo amore, lo volevo quasi come una pretesa. Lui non si è fatto attendere, grazie all’intercessione di Maria che aveva sopportato il mio dolore con immenso amore materno, Gesù Misericordioso mi ha inondata della sua Misericordia e del suo immenso amore. Mi sono sentita rinascere a vita nuova, avevo 33 anni.
Questi vent’anni hanno sostenuto la mia crescita spirituale ed umana: non ho una figlia disabile, ma ho due figli speciali ognuno a loro modo, Rosa Valentina un angelo puro che il Signore ci lascia accudire completamente, Michele un angelo più terreno che non distoglie lo sguardo a coloro che sono nella prova, e uno sposo bisognoso delle mie preghiere e generoso nel donarmi amore. Non avrei potuto chiedere di più, Grazie Signore per avermi salvata.
Un ringraziamento speciale intendo farlo ad Angela Paoletti, per essere stata una buona amica da bambine ed una cara sorella in Cristo da adulte. Grazie a tutti coloro mi hanno sostenuta con la loro preghiera, Dio li benedica e renda loro merito del bene compiuto.