Sei tu la mia Città (metropolitana) o sarai solo l’ennesima occasione perduta?

di Alessandro Russo —

Il primo patto che occorrerebbe impegnarsi a rispettare quando si parla di patti è quello della puntualità. Se un incontro è fissato alle 16 e 30, non deve iniziare un’ora dopo. Eppure una volta tanto al Teatro Cilea di Reggio si presentano quasi tutti con anticipo (stiamo parlando di lunedì scorso): il sindaco Giuseppe Falcomatà, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Marco Minniti, i sindaci della provincia – pardon Città metropolitana –  e i contestatori con le bandiere rosse falce e martello piazzati fuori in attesa dell’evento. Ma manca qualcuno: il buon Mario Oliverio, sicuramente trattenuto da inderogabili impegni. Passano i minuti, passa un’ora, finalmente il presidente della Regione Calabria arriva – atteso da un nugolo di giornalisti, fotografi e cineoperatori, quasi stessero aspettando il Papa – e l’incontro finalmente può iniziare. Gente ce n’è davvero tanta, l’evento è ghiotto: Falcomatà, Minniti e Oliverio devono illustrare il Patto per la Calabria e, in particolare, il Patto per la Città metropolitana di Reggio Calabria. Patti che in questo particolare momento esprimono apprezzatissimi valori misurabili in euro, in attesa che si dispieghino i loro valori sociali, culturali e politici.

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L’incontro al Cilea sul Patto per la Città Metropolitana

Circolano tante cifre, a seconda che venga tirata la giacchetta da una parte o dall’altra, io mi limito a dare quelle contenute nel depliant distribuito all’ingresso: ramazzando da Por, Psr, Pac, Cipe, Fsc e Pon, alla Calabria dovrebbero arrivare 4 miliardi e 934 milioni di euro per sviluppo economico, turismo, cultura, sport, ambiente, sicurezza del territorio, scuola, università, lavoro, infrastrutture nodali, edilizia sanitaria, sicurezza e legalità. Prima spendi – è il meccanismo – e prima ti arrivano altri fondi.

Tra le tante cose dette ne seleziono tre, partendo dalle due che in altri contesti sembrerebbero più ovvie, ma che qui e ora non sono affatto scontate.

Partiamo da Marco Minniti: «Un Patto per l‘Area metropolitana ha senso se esiste l’Area metropolitana». E infatti non esiste ancora, non si comprende quando Falcomatà (che ha annunciato a breve la convocazione dei comizi per l’elezione del Consiglio metropolitano) entrerà nelle funzioni subentrando alla Provincia.
La seconda frase apparentemente ovvia è quella di Oliverio: «Le risorse per la Calabria e per l’Area metropolitana non devono essere solo spese, ma utilizzate, nel senso di essere utili alla collettività». La platea era al buio, ma immagino i sorrisi pensando al passato – recente e non – e a quell’essere “utili alla collettività”.

Lascio per ultimo Falcomatà perché, essendo il primo interessato (da primo cittadino, intendo) a che tutto proceda al meglio, ha invece colto l’essenza del problema, manifestatasi freudianamente nel voler definire quella che per legge è una “Città” come “Area”. Lo ha fatto Minniti, lo ha fatto Oliverio, lo hanno fatto alcuni degli intervenuti. Ma quale area? Quella che sta per nascere non è un’area. È una città, e questo cambia tutto. Gli abitanti di una città si sentono o dovrebbero sentirsi tutti cittadini, gli abitanti di un’area non hanno un’identità comune, non hanno un senso di appartenenza, al massimo possono accettare di condividere servizi. Avete mai sentito parlare di areini?

Certo, “Area” è meno impegnativo, lascia intendere che localismi e rendite di posizione potranno sopravvivere in forma diversa. “Città” fa più paura, perché sgretola alcune certezze e, soprattutto, entra nel cuore del problema dei problemi di Reggio e della Calabria, dove abbondano le intelligenze individuali ma manca l’intelligenza collettiva, che è quella volta al bene comune.

Falcomatà ha evidenziato come nella progettazione ammessa al finanziamento, siano stati tanti i casi in cui i Comuni della Città metropolitana hanno rinunciato ad annaffiare il proprio orticello per cercare di costruire acquedotti che servano a tutti. Ma ancora siamo a manifestazioni di buona volontà – aggiungo io – non a un modo condiviso di operare. Il sindaco di Reggio ha pure ricordato come l’elemento fondamentale del Patto non sia quello economico, ma quello della fiducia. Fiducia in un processo che parte dal basso, appunto. E che necessita di coesione, di un sentire comune che poi, in sintesi, non è altro che il sentirsi cittadini della Città metropolitana indipendentemente dal fatto che si viva a Monasterace, Cittanova, San Roberto o in uno qualunque degli altri comuni dell’ex provincia reggina. E ragionare, quindi, su come strade, scuole, infrastrutture, progetti culturali e sociali possano abbattere le distanze fisiche e quelle che misurano la qualità della vita.

Quando è partito il video illustrativo del Patto per la città metropolitana, molti hanno sorriso ascoltando come tappeto musicale “Sei tu la mia città” dei Negramaro. Certo, magari il gruppo avrebbe potuto cantare “Sei tu la mia Area integrata” ma capite bene che sarebbe stato un fallimento. Perché o “sei tu la mia città” o sarai solo l’ennesima occasione perduta.