Mattarella a Locri con Libera: 950 nomi, 950 ferite che dobbiamo fare nostre

di Paola Bottero

Novecentocinquanta nomi. Uno dietro l’altro, scanditi dalle voci spesso rotte dal pianto di altri familiari di vittime innocenti di mafia. Applausi ad ogni cambio di testimone. Qualche volta anche a nomi specifici. I più noti, o quelli del territorio della Locride, martoriato dalla ‘ndrangheta. Applausi di altri familiari. E applausi, alle vittime e ai loro familiari, da chi sa, come ha sottolineato in chiusura della mattinata il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che “tutta l’Italia vi deve solidarietà per il vostro dolore, rispetto per la vostra dignità, riconoscenza per la vostra compostezza, sostegno per la vostra richiesta di verità e giustizia. Voi date la testimonianza di come la violenza, la morte e la paura non possano piegare il desiderio di giustizia e di riscatto. Le vostre ferite sono inferte al corpo di tutta la società, di tutta l’Italia. Il ricordo dei vostri familiari, martiri della mafia, rappresenta la base su cui costruiamo, giorno dopo giorno, una società più giusta, più solidale, più integra, più pacifica”.

Stamattina a Locri è esplosa la primavera, in anticipo di due giorni, come se anche il sole volesse abbracciare ciascun familiare, ciascuna vittima innocente. Perché, sempre per usare le parole di Mattarella, “la lotta alla mafia riguarda tutti, nessuno può dire non mi interessa, nessuno può chiamarsene fuori. Lottare contro la mafia non è solo una stringente e certamente dolorosa esigenza morale e civile, è anche una necessità per tutti. È una necessità per una società che vuole essere libera, ordinata, solidale, una necessità per lo Stato, che deve tutelare i diritti dei suoi cittadini e deve veder rispettate ovunque, senza zone franche, legalità e giustizia”.

Rimane indelebile, anno dopo anno (questo è il ventiduesimo), partecipando alla Giornata della memoria e dell’impegno organizzata da Libera, la traccia forte di quei quasi mille nomi. Mille ferite che hanno bisogno di essere mostrate, urlate, con orgoglio e dignità, per fare un po’ meno male a chi le porta addosso per sempre ed iniziare a far male a chi non ha bisogno di essere un familiare per sentirsi fratello, sorella, genitore, figlio delle vittime innocenti. È un dolore lungo e sordo, ma necessario, ascoltare ogni nome. Ricordare che dietro ciascuno ci sono molte vite strappate, negate, rase al suolo per sempre. Perché la mafia non si porta via solo la vita di chi ammazza, ma anche quella della sua famiglia. E anche un po’ della nostra. Eppure è molto più facile dimenticarsene, per continuare a sopravvivere.

Per vivere no. Per vivere bisogna ricordare.
Ecco perché l’azione di Libera diventa un perno sociale indispensabile. Ancora più quando sceglie, come ha fatto quest’anno, un territorio in cui si concentra buona parte di quell’elenco. Che ciascuno di noi dovrebbe leggere e rileggere attentamente molte volte l’anno. Per non girarsi dall’altra parte. Per prendersi addosso un po’ di quel dolore che era tangibile, stamattina. Lo è alla veglia funebre, così come sarà al corteo di martedì 21 marzo.
Stamattina Locri ha risposto alla grande. Spalti pieni, perfetta organizzazione del coordinamento regionale di don Ennio Stamile e di quello provinciale di Debora Cartisano, che ha aperto la giornata in modo forte e deciso, salutando Mattarella: “La sua presenza porta luce sulle tante storie che ancora chiedono verità e giustizia. Tanti di noi l’aspettano. Ci auguriamo che lei possa essere portavoce di questa nostra domanda di verità e giustizia, lei come uno di noi”. Noi. Il noi che il presidente di Libera don Luigi Ciotti non smette mai di coniugare. “È necessario mettere da parte gli egoismi, i protagonismi, per costruire insieme il bene comune. Sono stati fatti passi avanti, ma ci sono anche ritardi, timidezze, promesse non mantenute. Insieme alle mafie, il male principale del nostro paese è la corruzione. E questo significa che fra criminalità organizzata, criminalità politica e criminalità economica è sempre più difficile distinguere”. Esserci, a Locri e agli appuntamenti di Libera, significa trovare gli strumenti per farle, queste distinzioni. Urgenti: ora, davvero, non possiamo più sottrarci dal decidere da che parte stare.