da Arcigay "I due mari" Rc
La cronaca recente ci consegna un mondo in cui sale vertiginosamente il tasso di intolleranza e di odio verso l’altro, legato ai più disparati motivi o pretesti. Esistono ad oggi violenze e torture che non riescono a bucare il flusso delle notizie mainstream, vuoi perché vi sono coinvolte minoranze poco notiziabili, vuoi perché si tratta spesso di categorie su cui aleggia il velo del silenzio.
Se le donne e i movimenti femministi del mondo arabo-musulmano hanno già parecchia strada alle spalle, quelli omosessuali stanno cominciando il loro percorso. La loro condizione è difficile: in molti Paesi islamici le condotte omosessuali sono punite severamente: In Bangladesh c’è l’ergastolo, in Pakistan si subisce la fustigazione, in Iran si rischia la condanna a morte, in Barhein si viene deportati, in Algeria si viene incarcerati, in Kwait si rischiano fino a sette anni di carcere, in Libia, in Qatar e in Egitto fino a cinque. In Tunisia la situazione non è migliore: l’articolo 373 del codice penale del Paese prevede fino a tre anni di reclusione.
La Tunisia è uno degli osservati speciali della transizione costituzionale in atto nei Paesi del Maghreb: è il Paese dove la cosiddetta primavera araba è andata a compimento e dove ad oggi vi è un governo più o meno stabile, pur se minacciato da recrudescenze legate al radicalismo di matrice islamica. La crescita dell’odio e dell’intolleranza verso la comunità LGBT, manifestatasi in episodi di violenza e di incarcerazione che sono cresciuti negli ultimi due anni, ha condotto la società civile tunisina a una grande presa di coscienza: divisi si perde, insieme si vince.
Da qui è nato ed è cresciuto l’interesse a creare una vera e propria coalizione per i diritti e per l’uguaglianza entro cui si muovono le varie anime della società civile tunisina. Di questo deve essere fiera anche l’Italia che ha storici rapporti con la Tunisia e che i è mossa a diverso titolo per sensibilizzare sui casi più eclatanti di discriminazione. Non possiamo non ricordare l’appello internazionale sottoscritto da intellettuali, giornalisti e uomini di cultura lo scorso anno, in occasione del tentato suicidio di Ahmed Ben Amor, attivista LGBT tunisino.
Allo stesso tempo in Italia i flussi migratori hanno condotto sulle nostre coste migliaia di richiedenti asilo che hanno presentato domanda di protezione internazionale per motivi di discriminazione legata ll’orientamento sessuale. Molti di questi casi sono falsi e sono legati al fatto che nelle reti di comunicazione informale dei migranti sia circolata la voce che le Commissioni territoriali concedevano la protezione internazionale per questo motivo; molti altri casi sono veri e squarciano il velo sul dramma di persone costrette a fuggire dal loro Paese per non essere torturate, lapidate, uccise. Come dimenticare la predica di un imam tunisino di Sfax che lo scorso anno dichiarava durante una predica che gli omosessuali devono essere uccisi per lapidazione perché irrecuperabili?
Ad oggi la Tunisia è un Paese in cui da appena un mese il Consiglio Nazionale dei Medici si è pronunciato contro al pratica forzata dei test fisici per appurare l’omosessualità, chiamando la polizia a smettere di eseguirli e i tribunali a cessare di ordinarli come prova. Appena due giorni prima Il Consiglio dei sindacati nazionali degli imam e dei quadri delle moschee, che fa parte dell’Organizzazione tunisina del lavoro (Ott), terzo sindacato del Paese, si era pronunciato a favore dello scioglimento delle associazioni a difesa dei diritti degli omosessuali.
Questo è il perimetro entro cui ci muoviamo: ne parleremo durante l’incontro “Nel paese della democrazia che nasce – la battaglia della Coalizione per l’Uguaglianza in Tunisia” che seguirà alla proizione dell’omonimo documentario realizzato dall’associaizone “Shams”.
OSPITI
Mounir Baatour, Presidente Associazione Shams
Gabriele Piazzoni, Segretario Arcigay Italia
Giulia Pacchiarotti e Matteo Marinacci, avvocati esperti in immigrazione
Lucio Dattola, Presindete Comitato Arcigay I Due Mari e membro del Comitato Pari Opportunità dell’ordine degli Avvocati di Reggio Calabria
Manuela Vena, Presidente dell’associazione culturale FIDEM
MODERA: Silvio Nocera, Delegato di Arcigay Italia per i rapporti con i Paesi Med
il Festival delle Idee EuroMediterranee 2017
la vera emergenza è la non violenza
Dal 30 giugno al 2 luglio 2017 torna a Perugia sotto il loggiato del Palazzo della Provincia in Piazza Italia il Festival delle Idee EuroMediterranee, evento dedicato alla promozione dell’identità mediterranea, alle migrazioni e al dialogo interculturale.
FIDEM Festival è realizzato in collaborazione con il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani del Governo Italiano e con il patrocinio di Regione Umbria, Assemblea Legislativa Umbra, Provincia di Perugia, Comune di Perugia, ANCI, ANCI Umbria, Università per Stranieri di Perugia, Università degli Studi di Perugia, Rai Umbria e Arci Perugia, segno dell’impegno e della chiara vocazione istituzionale di una manifestazione che sa quanto è importante il lavoro di advocacy presso gli amministratori territoriali, oltre che nazionali e comunitari.
“La prima volta che abbiamo proposto il progetto alle istituzioni locali ci è stato risposto che in Umbria il mare non c’è – dice Manuela Vena, Presidente dell’Associazione Culturale FIDEM -. Noi sapevamo che sarebbe arrivato, perché i tempi stavano cambiando. E ora che il mare è arrivato anche qui nella terra di Francesco d’Assisi, precursore di pace e dialogo tra i popoli, non possiamo che fare nostra la sua grande lezione e affermare che l’Umbria è una regione che il mare ce l’ha dentro, messaggio sintetizzato nello spot che abbiamo realizzato per questa edizione 2017 e che trovate sul nostro sito internet”.
Il cartellone di quest’anno è ricco di eventi che si realizzano tutti sotto il loggiato della Provincia, a sottolineare l’importanza del dialogo pubblico in quell’agorà incastonata tra le sedi della Regione, la Provincia e la Prefettura, proprio quest’anno che l’edizione è dedicata a Giulio Regeni e alla promozione dei diritti umani e della pratica della non violenza.
“Tra gli appuntamenti in programma, abbiamo l’onore di ospitare il Presidente del Comitato Interministeriale per i Diritti umani, Ministro Plenipotenziario Fabrizio Petri, che sarà nostro ospite sabato mattina alle ore 11.00 nella sala Brugnoli di Palazzo Cesaroni, dove si parlerà del ruolo delle autorità locali nella promozione dei diritti umani, assieme alla Presidente dell’Assemblea Legislativa Umbra, On. Donatella Porzi, alla sindaca di Assisi, Stefania Proietti, al rettore dell’Università per Stranieri, Prof. Giovanni Paciullo e al coordinatore della Tavola per la Pace, Flavio Lotti”, sottolinea Manuela Vena.
Il programma, che punta a far riflettere quanto sia urgente la pratica della mediazione del conflitto, spazia da incontri dedicati alla geopolitica, come quello dedicato al conflitto siriano, al ruolo cruciale delle amministrazioni locali nelle pratiche di integrazione e di promozione dei diritti umani, alla presentazione di progetti di editoria indipendente che raccontano il melting pot con il tratto poetico e artistico delle graphic novel. Inoltre, in un tempo in cui l’Umbria è stata martoriata dai terremoti, apriremo ua finestra sul dramma della perdita del Luogo, inteso come ambiente sociale e familiare su cui si costruisce l’identità dei singoli e delle comunità, facendo il paio con il senso di perdita di identità che devono affrontare i richiedenti asilo in Italia. Il Festival ospiterà inoltre l’associazione tunisina Shams che si batte per la depenalizzazione del reato di sodomia in Tunisia e si chiuderà con la presentazione delle buone pratiche di integrazione portando al pubblico le testimonianze di operatori, imprenditori e richiedenti asilo che hanno effettuato un percorso di successo che li sta conducendo a una vera e prorpia osmosi con le comunità che li hanno accolti.
Il tutto verrà realizzato all’interno del Souq, la tradizionale mostra mercato che offre al pubblico esempi di eccellenze enogastronomiche del Mediterraneo e che sarà allestita per tutti e tre giorni del Festival.
Per questo noi diciamo: il mare unisce non divide.