Sciolti 5 comuni calabresi per mafia: Lamezia, Cassano, Isola Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa e Petronà

Come previsto, viste le polemiche degli ultimi giorni, il Comune di Lamezia Terme è stato sciolto dal Consiglio dei ministri per infiltrazioni mafiose. Analoghi provvedimenti, con la stessa motivazione, sono stati adottati dall’esecutivo per altri quattro comuni calabresi: Cassano allo Jonio, Isola di Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa Jonica e Petronà.

Lamezia Terme, con i suoi oltre 70mila abitanti, è la terza città della Calabria per popolazione dopo Reggio Calabria e Catanzaro. Per il Comune è il terzo scioglimento per infiltrazione mafiose nella sua storia. Gli altri erano avvenuti nel 1991 e nel 2003.

La legge prevede che lo scioglimento si fondi sull’esistenza di elementi “concreti, univoci e rilevanti” su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da incidere negativamente sulla funzionalità degli organi elettivi: il testo vigente (legge n. 94 del 2009, art. 2, comma 30) richiede perciò condizioni più stringenti per lo scioglimento rispetto alla disposizione originaria, la quale faceva riferimento più genericamente a “elementi” espressione di “collegamenti diretti o indiretti” degli amministratori alla criminalità organizzata ovvero di forme di condizionamento degli stessi Per giungere allo scioglimento non è necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente oppure che possano essere disposte misure di prevenzione, essendo sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata.

Gli indizi raccolti devono essere documentati, concordanti tra loro e davvero indicativi dell’influenza della criminalità organizzata sull’amministrazione, anche a prescindere dalla prova rigorosa dell’accertata volontà degli amministratori di assecondare le richieste della criminalità. Il decreto di scioglimento, con validità dai 12 ai 18 mesi (prorogabili a 24 mesi) determina la cessazione dalla carica di tutti i titolari di cariche elettive nonchè la risoluzione di tutti gli incarichi ai dirigenti e consulenti nominati dagli organi sciolti (salvo diversa scelta del commissario straordinario). Per le “prime elezioni” che si tengono dopo lo scioglimento nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato, non sono candidabili gli amministratori che “hanno dato causa” allo scioglimento stesso, previa tempestiva dichiarazione del tribunale civile, cui il Ministro dell’interno trasmette la proposta di scioglimento: la disposizione è volta ad evitare che, grazie al successivo turno elettorale, i soggetti responsabili dello scioglimento possano ricoprire nuovamente i medesimi (o simili) ruoli amministrativi.