“Gente in Aspromonte” troppo autorefenziale

da Mezzogiorno in Movimento

“Spendersi per una nuova narrazione della Calabria è giusto. Si avverte forte, in seno alla nostra comunità regionale, l’esigenza di spezzare luoghi comuni e pregiudizi che per troppo tempo hanno condizionato le opportunità di sviluppo dei territori”. E’ quanto afferma il presidente di Mezzogiorno in Movimento, Andrea Cuzzocrea, commentando la tre giorni di eventi culturali organizzata dalla Regione Calabria ad Africo.
“L’iniziativa – prosegue Cuzzocrea – si è prefissata una finalità lodevole, ma un’esigenza ha un senso se risponde ad una prospettiva per il futuro di una comunità, non se è fine a se stessa o se serve per dare una passata di bianco ad una parete oramai ammuffita. E ancora una prospettiva la si può dare se, con rigore e senza infingimenti, si procede ad una profonda analisi delle cause di una narrazione calabrese fuorviante e a volte in mala fede. Ci aspettavamo questo dalla 3 giorni di Africo. Ci saremmo aspettati che le voci riunite nel cuore dell’Aspromonte si fossero interrogate sulle cause di questo sistematico e storico racconto fraudolento contro l’immagine della Calabria e dei calabresi”.
“A chi è giovata, e torna tuttora utile, una narrazione così negativa?” si chiede Cuzzocrea: “Naturalmente a chi, negli anni, ha inteso proseguire nella colonizzazione della Calabria, nello sfruttamento senza limiti e a basso costo delle sue risorse specie umane, cavalcando agevolmente le onde del senso comune e dei pregiudizi. A chi ha usato, con la complicità delle classi dominanti nostrane, quella narrazione per giustificare ogni condotta, ogni inerzia, ogni spreco, ogni sopruso. A chi ha drenato, e drena ancora, risorse economiche verso le zone forti del Paese o le proprie tasche. Con l’apporto di una certa (non tutta) stampa, nostrana e non, funzionale ai disegni dei ‘padroni del vapore’ – prosegue il presidente di Mezzogiorno in Movimento – mossa dall’esigenza di gonfiare le proprie vendite scandalizzando oltre la realtà, e di chi, nell’assolvimento di funzioni pubbliche, ha guadagnato spazi di visibilità o avanzamenti di carriera”.

“Nella giornata di sabato – sottolinea Cuzzocrea – alla quale ho personalmente partecipato da interessato uditore, ho avuto modo di assistere ad un dibattito surreale, dai toni troppo concilianti, in cui tutti gli intervenuti si sono guardati bene dal fare autocritica, attribuendo responsabilità a terzi e non meglio definiti soggetti. Da operatore economico mi aspettavo, ad esempio, una rigorosa attenzione alle conseguenze che la narrazione negativa della Calabria ha sull’economia del territorio. Nessuno intende negare l’esistenza di fenomeni degenerativi, di malaffare e di malavita, organizzata e non. Ma è altrettanto indubbio che continuare a raccontare la Calabria solo come landa abitata da criminali attuali o potenziali ha contribuito a stravolgere la sua identità e la sua reputazione. Reputazione che – evidenzia Cuzzocrea – si badi bene, ha una incidenza rilevante nella scelta degli imprenditori su dove allocare le proprie attività e che allo stato è a tal punto compromessa da sovrastare e svuotare ogni lodevole iniziativa incentivante (vedi la Zes). Per non parlare di una ulteriore conseguenza indiretta del “racconto criminale”, di una Calabria tutta mafia e malaffare, ovvero il condizionamento in chi è chiamato a decidere, su base probabilistica, se una impresa è solo ipoteticamente passibile di essere condizionata, ad orientarsi, nel dubbio, verso una decisione drammaticamente interdittiva”.

Gli ultimi recenti dati indicano come il numero di interdittive comminate in Calabria nell’anno 2017 sia stato elevatissimo ed infinitamente superiore rispetto alla Campania, altra regione ad alto tasso di pervasività mafiosa. “Ora, è lecito domandarsi – prosegue il presidente di MIM – quanto incida uno strumento così devastante, fondato su meri indizi, di natura amministrativa e non giurisdizionale, e per di più privo di contraddittorio, che non tutela né le aziende né i lavoratori, che nulla hanno a che vedere con l’inquinamento mafioso, sul tessuto economico di un territorio? E quanto incrina l’essenziale rapporto di fiducia e di solidarietà tra le istituzioni statuali e quelle stesse aziende e quegli stessi lavoratori, nel momento in cui, nel nome della lotta alla mafia, non si pone la giusta attenzione al mantenimento dei livelli occupazionali e delle attività economiche interessate? Ed ancora, come si può tacere ed omettere ogni adeguata riflessione sull’ormai anacronistica legislazione dello scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose? Si interviene mandando a casa sistematicamente i rappresentanti politici, democraticamente eletti, senza prima mettere in campo una serie di strumenti e di interventi che aiutino l’apparato burocratico spesso inefficiente, a volte incrostato e che finisce per favorire la cancellazione dei diritti civili di intere comunità. Si arriva così al paradosso di Comuni sciolti tre, quattro, cinque volte, di fatto commissariati vita natural durante. Una sospensione dei diritti democratici e civili specie in quei luoghi in cui si è svolta a kermesse regionale.

“Possibile che ad Africo non si sia dato spazio a queste riflessioni? – si chiede Cuzzocrea – Ed allora, ferma restando la lodevole intenzione, il bilancio dei tre giorni di “Gente in Aspromonte” non può essere considerato del tutto positivo, specie per il rischio palese dell’autoreferenzialità, che non giova certo ad un amministratore di lungo corso come Mario Oliverio, che ha sempre puntato sulla condivisione delle scelte e sulla partecipazione democratica ai processi di governo dei territori. Così come il coinvolgimento della classe intellettuale non può essere fine a se stesso e non può sostanziarsi solo nell’accorato appello di “parlar bene” della Calabria. Questa regione ha bisogno certo di una diversa narrazione ma ha soprattutto bisogno di mutare il modo in cui viene amministrata e vissuta dai cittadini”.
La vera sfida, conclude il presidente di Mezzogiorno in Movimento, “non è la semplicistica richiesta di migliorare la reputazione della nostra terra avanzata da una classe dirigente mossa da ragioni ideali ma anche per calcolo politico. La sfida è, piuttosto, scuotere dalle viscere la nostra splendida ma martoriata regione, stimolando i cittadini, dal basso, nel chiedere a gran voce il rispetto dei diritti di questo pezzo del Paese e a rivendicare l’orgoglio di essere calabresi, meridionali e italiani”.