Ucciso e bruciato in auto: arrestati padre e figlio

Svolta nelle indagini sull’omicidio di Stefano Piperno di Nicotera (nella foto in alto), il 34enne la cui auto ed il cadavere sono stati trovati carbonizzati nel giugno scorso in località “Britto” nei pressi del campo sportivo della frazione Preitoni. I carabinieri del Nucleo operativo e Radiomobile della Compagnia di Tropea e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia stanno infatti dando esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare in carcere, nei confronti di padre e figlio, emesse dal gip del Tribunale di Vibo. Omicidio, occultamento e soppressione di cadavere mediante incendio le accuse contestate.

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Ezio Perfidio

L’attività investigativa, denominata “Operazione Metide”, è stata avviata subito dopo il ritrovamento dell’auto e del corpo carbonizzati del giovane impiegato al Centro di accoglienza straordinaria di Nicotera in attività di formazione per extracomunitari. Sono Francesco ed Ezio Perfidio, di 58 e 34 anni, padre e figlio, entrambi di Nicotera, i due arrestati all’alba dai carabinieri. Padre e figlio sono stati portati in carcere su ordinanza del gip del Tribunale di Vibo Valentia che ha accolto la richiesta del pm Filomena Aliberti.

Nell’inchiesta è indagata in stato di libertà anche la figlia e sorella degli arrestati, accusata di concorso in distruzione e soppressione di cadavere. Secondo gli investigatori dei carabinieri sarebbe stato Ezio Perfidio a sparare contro Piperno alcuni colpi di fucile. Il padre Francesco, 58 anni, sarebbe stato invece presente al momento dell’omicidio ed avrebbe sostenuto il figlio nelle sue azioni. I due uomini, poi, insieme alla donna, avrebbero sistemato il cadavere della vittima dentro l’auto alla quale avrebbero poi dato fuoco. A Francesco Perfidio viene infine contestato anche di aver spacciato 50 grammi di marijuana avvalendosi di un nipote minorenne. Nei confronti di Sonia Perfidio, invece, la Procura aveva chiesto l’arresto ma il gip l’ha rigettato.

LA NOTA

Nella nottata odierna, in Nicotera, i militari del Comando Provinciale di Vibo Valentia e del R.O.S., con la collaborazione dello Squadrone Eliportato “Cacciatori” di Calabria, eseguivano ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Vibo Valentia su richiesta della locale Procura della Repubblica, che concordava con le risultanze investigative dell’Arma, nei riguardi di 2 pregiudicati di Nicotera, PERFIDIO Francesco cl. 60 e PERFIDIO Ezio cl. 84, rispettivamente padre e figlio, ritenuti responsabili in concorso fra loro di omicidio nonché di occultamento e soppressione di cadavere.

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Francesco Perfidio

L’attività investigativa, che scaturiva dal ritrovamento, avvenuto il 20 giugno 2018 in Nicotera, di un’autovettura completamente distrutta dalle fiamme con all’interno i resti di un cadavere carbonizzato, identificato poi in PIPERNO Stefano cl. 84, tossicodipendente, scomparso dal giorno precedente, ha consentito di risalire compiutamente all’identità degli assassini e al movente dell’atto omicidiario, causato dalle pressanti richieste della vittima, finalizzate ad ottenere dello stupefacente del tipo cocaina, pur avendo maturato debiti pregressi con gli aggressori. Per quanto concerne, invece, alla dinamica del delitto, gli investigatori riuscivano ad appurare che alla base vi è stata una lite culminata con l’assassinio del PIPERNO con un colpo d’arma da fuoco giorno 19 giugno e che ad esplodere i colpi materialmente fu il figlio PERFIDIO Ezio, il tutto alla presenza del padre PERFIDIO Francesco che aiutava poi il figlio a caricare il PIPERNO in auto e trasportarlo nel luogo, distante circa 2 km circa dalla loro casa, dove poi fu rinvenuta l’autovettura bruciata il successivo giorno 20 giugno.

A corollario di ciò, inoltre, i militari operanti ricostruivano quelli che sono gli interessi nella vendita di stupefacenti che gli arrestati hanno nel territorio di Nicotera, in special modo PERFIDIO Francesco che ha numerosi precedenti specifici in materia. Ad aggravare il quadro complessivo vi è da un lato il fatto che il gesto gravissimo e letale sia stato compiuto di base per una somma irrisoria di denaro di debito, dall’altro che entrambi i soggetti abbiano da subito cercato di occultare il cadavere e qualsiasi collegamento, anche relazionale, nei confronti della vittima.