Distillati di libri? No, cari: sono solo libri monchi, ombre di narrativa

di Angela Potente — 

La lettura in Italia è come sempre ai minimi storici.
Non si legge perché non si ha tempo è l’alibi preferito da molti.
Ma da adesso, cari i miei pigroni, la soluzione c’è.

libri-distillatiLa Centuria del gruppo Rcs ha avuto un’idea geniale. Ma no, geniale è dire poco. Un’idea più che geniale. Funziona così: si prende un libro lo si tagliuzza delle parti inutili (tipo le descrizioni dei paesaggi o delle città che ce ne importa a noi delle città di Stieg Larson?) e dei personaggi secondari (tipo il poliziotto che appare in un due righe per poi sparire) lo si riconfeziona comprimendolo in 100 pagine et voilà il gioco è fatto. Il mattonazzo che non leggereste mai è lì pronto a vostro uso e consumo lettori pigri. Volendo lo si può mettere anche nel microonde: una lettura veloce dopo una cena velocissima. Non so i tempi di digestione però. Devo informarmi meglio.
Badate, non sono affatto riassunti, come quelli che ci portavamo a scuola, i Bignamini, assolutamente. Sono sempre gli stessi libri ma ridotti, contratti. Altra genialata è la distribuzione non nelle librerie ma nelle edicole: “Scusi mi dà il Sole 24 ore e Uomini che odiano le donne in 25 pagine? Finalmente saprò la storia senza dovermi sorbire tutti quei particolari inutili. Sa, io vado sempre di fretta e non ho tempo di leggere. Anche il giornale perché di 24 ore e non di 12?”.
Oltre a Larson il destino ha premiato la Mazzantini. Per chi non ha visto il film è pur sempre un modo per conoscere la storia di Venuto al mondo senza doverlo fittare o vedere in streaming consumando giga. Dico bene?

Ma ora io vorrei suggerire agli illuminati editori altri libri. Prendiamo un classico dei classici nostrano: I Promessi sposi. Ecco io per esempio taglierei già subito l’incipit: quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno. E bla bla bla.
Via, tagliare, è una frase inutile che non serve, che ce ne importa a noi di questo benedetto ramo del lago? E Don Abbondio? Ah, Don Abbondio in fondo non è che un prete perdente (peraltro decisamente diseducativa la sua codardia) che appare per qualche pagina, un vero personaggio non secondario ma di più. Per non dire dei Bravi. E la monaca di Monza? Vogliamo per favore eliminare quell’intero capitolo sulla sventurata che rispose? Il mattonazzo va ridotto assolutamente. Per la felicità di ogni studente d’Italia, ma anche per chi non è mai riuscito ad arrivare alla fine che poi tanto si sa che i due si sposano. Ecco, tagliamo tutto: si incontrano, si innamorano, vengono ostacolati, superano gli ostacoli e si sposano. I cattivi perdono i buoni vincono. Fine.
Sì, sarebbe un magnifico romanzo scritto così.

E Verga? Vogliamo parlare dei pesantOmi di Verga? Ma tornando alla letteratura contemporanea, già che avete tagliato Larson, vogliamo tagliare anche Lansdale?
E i thriller di Connelly? Sono necessarie al fine della semplice lettura tutte quelle descrizioni di Los Angeles? Ma certo che no! Il poeta uccide a profusione, poi arriva Harry Bosch e lo ferma. Fine. Uhm forse per un thriller è troppo, concordo, va bene lasciamo qualche particolare ma solo qualcuno che poi il lettore si scoccia e preferisce la tv.

no artEcco. Cari lettori, vi piacerebbe davvero che il vostro autore preferito e il vostro personaggio preferito venisse così maltrattato?
Ci hanno provato. Lo hanno fatto. E secondo un’intervista che ho letto all’editore questa operazione di tagliare e ridurre è paragonabile alla riduzione dei libri per il cinema. Anzi, quasi la stessa cosa. Ma accidentaccio proprio per niente!

A prescindere dal fatto che nella maggior parte dei casi i film tratti da libri si sono rivelati quasi sempre una storpiatura del libro. È piuttosto raro il caso in cui se hai letto il libro esci dalla sala dicendo “ah bello, tale e quale il libro”. Non solo perché è difficoltoso restare fedeli al libro ma è difficilissimo andare incontro alla proiezione che il pubblico si è già fatta leggendo il libro. Perché i libri prendono vita nella nostra mente diventando un nostro particolare ed unico film. E i registi, quelli bravi, lo sanno. Per questo i più accorti mettono ben in vista la dicitura: liberamente ispirato o tratto. Ti avvertono che non è come lo hai immaginato, che è diventato un’altra cosa che può somigliare al suo fratello di carta ma anche no.
Per fare un esempio pratico: da qualche settimana in tv passa una fiction Il paradiso delle signore… liberamente (e vagamente aggiungerei) ispirata Al paradiso delle signore di Émile Zola. Ebbene pensare che questa fiction possa essere minimamente legata al libro di Zola è come credere che Einstein non abbia mai enunciato la teoria della relatività.

Ma mi è venuto in mente un altro caso legato al cinema. Clint Eastwood, quindi non il primo pirla che passa, portò sugli schermi un film tratto da un libro di Michael Connelly (sì l’ho già citato qualche riga più su ma è uno tra i miei preferiti abbiate pazienza) che tanto non piacque all’autore da fargli scrivere un secondo libro con lo stesso protagonista e farlo fuori così da evitare il pericolo di un secondo film. Capito?

Tutto questo per dire che no miei cari editori, tagliuzzare i libri già non funziona nel cinema pensate se può davvero funzionare su carta.
E poi, capisco che siamo nell’epoca dell’usa e getta, del post lanciato sul social che vive al massimo tre minuti netti prima di essere fagocitato da altri post, sono consapevole che viviamo l’era della bufala (altro che acquario), del mangia svelto e cammina veloce, del fast&fourius, ma i libri no. I libri sono una cosa seria. Ogni rigo, ogni parola, ogni descrizione esiste perché qualcuno l’ha pensata. Io non avrei idea di come è Los Angeles se non avessi letto certi autori che me l’hanno minuziosamente descritta.
Non amerei Parigi se Balzac o Zola non si fossero soffermati a raccontarmene gli angoli più segreti, non avrei idea della Londra fumosa se Conan Doyle non mi ci avesse portato. E potrei continuare all’infinito. Come si può decidere quali parti sono inutili in un libro se questo è una creatura con sangue e arterie che vive di vita propria? O quali personaggi cassare perché il loro destino non ha un grande peso per la storia in cui appaiono?

Io me li immagino, i personaggi che avete tagliato, vagare attoniti nei posti che avete eliminato insieme a loro. Sperduti in cerca di se stessi e della storia cui appartengono. Li avete chiamati “distillati” questi libri monchi. Ma i distillati veri sono buoni. Dal vino è distillato il cognac, dalla canna da zucchero il rhum, dai cereali il whisky.
Questi non sono distillati. Sono solo i solfiti. O gli edulcoranti. I vostri libri non sono più libri. Solo una loro ombra. Non è triste tutto questo? E soprattutto non spunteranno nuovi lettori presi dal sacro fuoco della passione per la lettura. Con questa idea state solo creando lettori più poveri e distratti. E state tagliando le ali al loro immaginario.
Ne vale davvero la pena? Ripensateci…